Esperimento social

#diariodierrebi Sono una lettrice con gli occhi consumati per le troppe ore trascorse sui romanzi.

 

Da quasi un anno mi sto dedicando alla fantascienza italiana, quasi esclusivamente femminile. Desiderosa di saperne di più sulle autrici che seguo, sabato 16 febbraio 2019, ho posto un quesito nella mia pagina personale di Facebook: "Sto seguendo con piacere molte scrittrici italiane di Fantascienza. Cosa comporta scrivere fantascienza per una donna?" Ho taggato alcune amiche scrittrici e puntuali sono giunte le risposte. Tra esse una considerazione: la stessa domanda non è mai rivolta agli uomini. Come mai? Ho quindi pensato di porre rimedio alla svista pubblicando subito un secondo post rivolgendomi agli uomini: "Generi, parte seconda. Cosa comporta scrivere fantascienza per un uomo? Italiano?" 
I risultati numerici a queste due domande sono evidenziati nell'infografica. Il post originale dedicato alle signore si trova qui: https://bit.ly/2tSDePWmentre quello rivolto ai signori si trova qui: https://bit.ly/2NNgM3V In questo post trovate già lo screenshot di una risposta, giusto per incuriosirvi. (evito di mettere tutti gli altri essendo possibile visionare direttamente i post).
Vorrei soffermarmi sulle sensazioni emerse dalle risposte fornite dai partecipanti. 
Tutte le scrittrici che sono intervenute si sono messe in gioco alcune regalandomi le loro sensazioni più intime, personali; una ha analizzato il contesto della narrativa femminile attraverso l'esperienza fornita dal proprio ruolo nell'editoria; altre mi hanno espresso un approccio alla narrativa in quanto persone in primis; una è stata piuttosto onesta esternando anche un vissuto spiacevole. La chiacchierata generale è stata davvero amabile e stimolante.
Anche le risposte maschili sono state interessanti soprattutto in merito ad aspetti che non mi sarei aspettata di leggere. Direi che una è stata divertente con una punta di educata provocazione; altri hanno espresso concetti anche molto pratici; una ha colto il vero significato dello scrivere fantascienza; altre hanno espresso emozioni personali. La conversazione con queste persone si è rivelata davvero sincera e appassionante. 
Purtroppo alcuni non hanno compreso la domanda e nemmeno hanno tentato di fornire una risposta nonostante le mie spiegazioni. Ancora più curiose sono state le risposte polemiche o fastidiosamente provocatorie di altri.
Alla fine i due post hanno suscitato in me alcune considerazioni.
Virtuale. Il vocabolario Treccani riporta in riferimento alla realtà v.= cosa o attività frutto di un'elaborazione che pur seguendo modelli realistici non riproduce però una situazione reale.
Wikipedia è più flessibile raggruppando nella spiegazione di virtuale il concetto di potenzialità e in riferimento alla realtà v.= attività che simula la realtà effettiva.
Chiedete a un adolescente se un social possa considerarsi una piazza, un cortile, un salotto reali o virtuali e probabilmente vi guarderà perplesso senza comprendere la domanda poiché i social sono da loro percepiti come una realtà tangibile.
I ragazzi entrano, escono, vivono inconsapevoli sia i luoghi fisici sia i luoghi virtuali non comprendendone i limiti poiché non ne esistono. Dove Piazza Plebiscito termina, comincia quella virtuale.
Tutti coloro che non appartengono alla generazione dei nativi digitali dovrebbero conoscere la differenza tra vita reale e vita virtuale. Peccato che il risultato delle azioni agite sui social sia, a volte, tragicomico come succede tra gli adolescenti.
Se siete a casa di amici a scambiare quattro chiacchiere in compagnia anche di altri ospiti, vi adeguate alla situazione cercando di conversare amabilmente. Dubito che vi intrufolereste a una festa di sconosciuti rivolgendovi ai padroni di casa con toni indisponenti. 
Per conversare in un salotto all'interno di un appartamento oppure in un account privato su un social non servono competenze specifiche o studi universitari. Si parte da una base di buona educazione possibilmente evoluta negli adulti nel "saper stare al mondo". Se non si è invitati non si entra, se si entra comunque si rispettano i padroni di casa e gli altri ospiti. 
Le polemiche sterili non dovrebbero trovare spazio nelle piazze pubbliche; sicuramente non possono circolare nei salotti privati, tanto più se innescate in modo del tutto gratuito. 
Diventa sempre più urgente praticare la buona educazione sul web, esercitare la comprensione e l'approfondimento prima di iniziare a pigiare sulla tastiera, evitare la violenza poiché la sopraffazione è vissuta come reale. 
La rete alimenta l'odio algoritmicamente, proponendo a chi lo pratica contenuti via via più violenti in un'autodidattica che mostra il mondo pervaso da crimini e ostilità, reali e virtuali. 
Questo loop deve essere fermato e tutti possiamo contribuire abbassando i toni, segnalando e bloccando i violenti e monitorando i maleducati.
Un'altra considerazione. Sto seguendo discussioni incentrate sulla presunta autoreferenzialità della fantascienza. Alcuni scrittori la stanno proponendo ai propri lettori, come argomento di dialogo, all'interno dei propri profili social. Altri partecipano a dibattiti che contemplano questo argomento. A volte l'autoreferenzialitá viene citata in articoli di post o riviste virtuali o cartacee nell'ambito di riflessioni più generali inerenti la fantascienza. 
Tutto questo fa comprendere come l'argomento sia uno tra i temi spinosi legati a questo genere letterario.
Se per autoreferenzialità si intende la tendenza di alcuni scrittori di rapportarsi con i potenziali lettori con fastidiosa supponenza, allora sì, la fantascienza è autoreferenziale. O meglio, lo sono le persone e la sicumera con la quale interagiscono sul web è per me fonte di perplessità. 
Infine una constatazione. Come specificato all'inizio ho condiviso i due post soprattutto per conoscere meglio le scrittrici/tori che già seguo e per scoprirne altri. Ho avuto la conferma che personalità belle e brillanti producono opere letterarie degne di essere lette. 
Di conseguenza ho acquistato i libri di coloro con i quali ho intrattenuto una piacevole conversazione. 
Naturalmente ho depennato i piantagrane, ça va sans dire.

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