Recensione: Cielo di carta

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Recensione: "Cielo di carta" 

Il racconto distopico di Irene Drago è uscito nella collana Futuro Presente di Delos Digital nel maggio 2020. L'autrice è presente nel progetto La Metà del Mondo.

La distopia è certamente il genere d'elezione del racconto, qui portata alle estreme conseguenze. 

TRAMA
 

Nei ricchi quartieri, denominati Stelle e Comete, ci pensano Mamma Pharma e Papà Naja a controllare ogni cosa, sotto lo sguardo severo del Presidente. 

Oltre i confini c’è lo slum infestato di malattie, miasmi, povertà. Ma qualcos’altro sta prendendo vita tra baracche e rivoli di fango: danze di topi, brulicare di vermi, e un culto sincretico di antichi dei che si perdono nella notte dei tempi. Da Irene Drago, già autrice di Liberi tutti, un racconto visionario e potente in cui riecheggiano Ellison e Lovecraft.


RECENSIONE (spoiler)


Il racconto narra la parabola discendente di due dottorandi alle prese con una ricerca farmacologica. I due giovani annaspano in un mondo dolente, sclerotizzato, ignaro di se stesso e del proprio avvenire e sono emblematici del tossico stile di vita generale. 


Sembra che la società si sia ritrovata in quella condizione penosa senza nemmeno essersi accorta, con il trascorrere del tempo, della propria inesorabile fine. In questo particolare si vede tutta la forza espressiva del genere e l'autrice lo ha utilizzato inserendo l'estetica tipica della distopia: l'ambientazione grigiastra odora di marcescenza; la periferia si trasforma in uno slum cacofonico e letale; la tecnologia non è al servizio dell'uomo divenendo quasi un elemento vivo e pensante dedito a seviziare il proprio creatore.


L'ambientazione, la narrazione delle patologie della popolazione e delle loro nevrosi caricano l'atmosfera di presagi e visioni.

Il mondo plumbeo di Irene è avviato verso un inconsapevole destino di completa devastazione. L'unico elemento rivoluzionario, Giulia ex fidanzata di Vittorio, uno dei protagonisti, viene triturato dal sistema prima di riuscire nel suo donchisciottesco intento.


Senonché, ecco che Irene introduce l'elemento weird. L'allucinazione di Vittorio, non si riduce alla sintomatologia di una forma d'ansia, bensì è la preveggenza di un'entità malefica, antica e oscura, che sta sorgendo. Questo particolare è forse l'unico che può essere interpretato come si preferisce. Amo pensare che Irene abbia narrato il ritorno dello spirito ancestrale del pianeta scocciato per il lerciume che lo sovrasta. Angeli immondi fuoriescono dalle profondità, inviati a fare pulizia di qualsiasi cosa incontrino sul loro cammino. 


In questo racconto la distopia è sviluppata ai massimi livelli, addirittura attizzata dal fuoco di richiami di lovercraftiana memoria. 


Se siete appassionati del genere non potrete lasciarvi sfuggire questo racconto di Irene Drago di sicuro impatto.


Consiglio la lettura.


A presto.


Romina Braggion






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