Recensione: Le ombre di Morjegrad

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Recensione: Le ombre di Morjegrad.

Le ombre di Morjegrad è un romanzo di Francesca Cavallero, edito nel novembre 2019 da Urania, col numero 1672. Ha vinto il Premio Urania 2018, sbaragliando altri nove finalisti, tutti scrittori noti:  Fabio Belsanti, Andrea Cattaneo, Alberto Cola, Franci Conforti, Alfonso Dama, Francesco Grasso, Alberto Odone, Valentino Poppi, Monica Tessarin.
Ottima premessa per iniziare la lettura di questo romanzo di fantascienza italiana che affonda le sue radici nel cyberpunk e nella distopia!


TRAMA 

Fondata su un pianeta senza nome, Morjegrad, la città-stato, prospera sullo sfruttamento aggressivo delle risorse ambientali, in cui chi nasce dalla parte sbagliata delle Mura viene "sfruttato" fino alla morte. La dimensione metropolitana, con i suoi ingranaggi sporchi di sangue, si contrappone a quella dei rapporti umani, gli unici ad avere valore in un mondo dove nessuno è innocente, neanche chi combatte per la Rivoluzione. Esperimenti genetici, voglia di riscatto, tradimenti, disperazione e giochi di specchi: sono queste le ombre che popolano Morjegrad. Uno straordinario romanzo d'esordio, in un mondo folle e claustrofobico in cui i protagonisti sono accomunati da un unico grido di dolore. Perché a Morjegrad vivere è quasi sempre sinonimo di sopravvivere.

RECENSIONE

Finalmente una boccata d'aria fresca. C'era bisogno di un'esordiente al Premio Urania? Probabilmente sì, dal momento che ha vinto Francesca Cavallero. Il riconoscimento è, secondo me, davvero meritato, anche se alcuni nostalgici della fantascienza wasp&m storceranno un po' il naso durante la lettura. (Ne esistono ancora?)

Dicevo aria fresca, anche nella struttura del testo. 

In realtà l'atmosfera è cupa, oppressiva e lo stile carico dell'autrice enfatizza questa suggestione. Non amo molto l'abbondanza di aggettivi ma, nel contesto, la ricchezza e la ricercatezza dei lemmi e lo stile rutilante della narrazione sono  funzionali all'ambientazione dell'universo tragico di Morjegrad e dei suoi personaggi. In questo modo è automatico visualizzare la privilegiata Acropoli, il limbo della Mid-Town, l'inferno dei Bowels e l'incubo dei Pozzi del distretto detentivo di Antenora. Sebbene lo stile mi sembri carico, come già detto, ho apprezzato notevolmente la descrizione del viaggio tossico di Sarah, la dottoressa, una superba narrazione di metafore sinestesiche. 

La novità di cui parlavo è data dall'impianto narrativo, una struttura non convenzionale che potrebbe disorientare. I capitoli sono sei: un'introduzione e un epilogo brevi che raccordano gli altri quattro pensati come racconti all'interno del romanzo. Questo espediente alleggerisce l'atmosfera e rende meno laboriosa la lettura offrendo pause provvidenziali per l'elaborazione del testo. I quattro capitoli sono a loro volta collegati dall'ambientazione e dai rapporti che legano i personaggi. Inoltre, nei quattro capitoli centrali, le scene vengono suddivise nei PDV dei protagonisti che le agiscono, arricchendo ulteriormente la lettura.
Le stesse scene d'azione dettano il ritmo incalzante della narrazione e smorzano efficacemente la lentezza dei momenti di introspezione dei personaggi. 
La trama vola alta su queste suddivisioni e lo sforzo del lettore sarà quello di ritrovarne i capi, raccogliendo il succo del discorso grazie all'epilogo, dove tutto si svela e trova compiutezza.

Un'altra boccata d'aria fresca sono i personaggi e i loro legami. I protagonisti sono quasi esclusivamente donne, tratteggiate in modo lirico, così come è descritta Morjegrad, e immaginarle mentre si muovono nel loro ambiente diventa semplicissimo. 
Sono femmine dolenti, ragazze, bambine, adulte, accomunate dal destino schifoso di ogni abitante di Morjegrad. Sono comunque vincenti e riescono a decidere quale direzione fare prendere alla loro vita. Agiscono anziché subire
Sono legate tra loro da gesti generosi che si scambiano, atti d'amore in un mondo che non lo conosce. La scelta di narrare la solidarietà femminile è un bel colpo di spugna su cliché antichi e duri a morire.
Gli uomini sono esseri malconci come le protagoniste, orribili dentro e fuori. I due personaggi maschili più importanti hanno però una grande dignità e contribuiscono a donare un pizzico di umanità a un mondo che umano lo è solo per la provenienza dei suoi abitanti. Confesso di averli amati tanto quanto le loro compagne di disavventura.

Come mai Cavallero ha narrato un mondo che rievoca ancora atmosfere cyberpunk e distopiche? Posso dire chissenefrega? L'autrice ha scritto quello che più le aggradava e il romanzo si fa leggere con forza. Mi è piaciuto, l'ho letto senza difficoltà, ho ringraziato Francesca per avermi dispensato dalla noia dei soliti stereotipi della fantascienza e della letteratura in generale. Si è dimostrata onesta nella scrittura, tutti gli elementi erano alla mia portata e il finale ha chiarito qualsiasi ombra.

Questo per me è sufficiente a decretare il libro un buon romanzo e ne suggerisco vivamente la lettura. 

Ultima nota: la copertina di Franco Brambilla è emblematica del mondo di Morjegrad, non poteva essere più azzeccata.

La mia intervista all'autrice completa questa recensione.

A presto.
Romina Braggion

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