Ritorno al fandom: Club City e Un'Ala.

#diariodierrebi 
Il periodo prima del Natale mi sembra buono per condividere con voi questa intervista. Percepisco questa atmosfera come la migliore per leggere, magari con più calma, il piccolo spaccato di mondo fantascientifico che ho avuto il privilegio di scoprire.

La fanzine "Un'Ala" è stata pubblicata, come supplemento a "City Fanzine", in quattro edizioni: 

maggio 1984, settembre 1984, marzo 1985, maggio 1987.

Ho avuto il piacere di ricevere i quattro numeri da due persone speciali: Daniela Piegai e Mario Sumiraschi.


Illustrare e commentare questo piccolo tesoro, anche un numero per volta, sarebbe un'impresa improba. Di seguito potete vedere i sommari e vi assicuro che già con il primo si potrebbe disquisire a lungo. 

Numero 1

Numero 2

Numero 3

Numero 4

Mi sento però di riflettere su un'unica questione che mi balzò agli occhi appena dopo aver terminato la lettura delle fanzine.
Parrebbe che negli editoriali, negli interventi, nei saggi si trattino argomenti che oggi, a distanza di 35 anni, si stanno riproponendo con diverso linguaggio ma con i medesimi intenti. 
Ciò che riguarda la scrittura delle donne, in Un'Ala inteso come argomento rappresentativo della situazione femminile in generale, sembra essersi avvitato su se stesso, in un loop senza risultato.
Si dibatte oggi degli stessi argomenti della metà degli anni '80, un fiume di parole che cambiano forma ma non sostanza. 
Non ho l'età per poter dire se effettivamente da allora sia cambiato qualcosa ma, di nuovo, mi sembra sia cambiata solo la forma, mantenendo la questione spinosa immutata. Anzi, vedo recrudescenze di mali che avrebbero dovuto essere sanati. 
Chiusa questa riflessione, mi sono incuriosita relativamente al brodo primordiale generatore delle fanzine e ho intervistato Mario. 

Di seguito potrete scoprire un piccolo spaccato del fandom di quegli anni.

Ciao Mario,
ho letto con interesse Un'Ala e poi ho cercato notizie su Club City. Ho alcune domande da porti in merito a entrambi gli argomenti.

R. Partirei da Club City. Ho visto che la fantascienza di quegli anni, un po' prima e un po' dopo, è stata terreno fertilissimo per numerose iniziative e anche per l'avvio di case editrici e collane specifiche dedicate alla SF. Ho l'impressione che anche la quantità di eventi fosse maggiore. Cosa  c'era allora che ora è andato perduto oppure è cambiato?
M. Parto dal “perduto”ovvero l’offerta editoriale
La produzione di SF (narrativa,  saggistica, fanzine, club, incontri) coinvolse anche le case editrici più famose.  Dagli anni Settanta soprattutto compaiono le iniziative di narratori e studiosi, dal nulla si svolgono convegni, rassegne cinematografiche e si sviluppano le fanzines.La pubblicazione di materiale narrativo sembrava essere inesauribile, stimolando lo studio e il commento.E’ doveroso ricordare i meriti di Gianfranco Viviani, il creatore dell’ Editrice Nord, ottimo editore, grande organizzatore, sempre presente nel mondo del fandom, personaggio fondamentale, unico, anche nella sua umanità.Penso che la curiosità, la passione e il desiderio di aggregazione abbiano inciso profondamente nello sviluppo. Mi ricordo con simpatia le relazioni con il fandom europeo e non, che passava attraverso la corrispondenza postale e l’invio di fanzines e libri.Il Club City era supportato da persone giovani generalmente interessate alla scienza e alla narrativa, un connubio davvero gratificante. Tra di loro vi erano menti brillanti e non sono di certo sorpreso dei loro successi in campo professionale e intellettuale.
Le differenze dagli anni Novanta ad oggi? Sono tante e sono quelle che influenzano la nostra società. Innanzitutto c’è la drastica diminuzione dell’interesse verso la SF a favore del fantasy, con conseguente adattamento della produzione editoriale. Ora quasi tutte le collane pubblicate negli anni Settanta e Ottanta sono modernariato!
La controtendenza più significativa fu la perdita dell’aggregazione umana che io considero tuttora un valore. Attualmente le relazioni sociali si svolgono attraverso il web e i social e faccio salti di gioia quando frequento i Delosdays. 
Un aspetto molto positivo è l’inserimento della narrativa e saggistica all’interno del mainstream. Faccio un esempio: “La strada” di Cormac Mc Carty (classico tema del
dopobomba) è stato pubblicato da Einaudi senza apparire in una collana specifica, ovvero è narrativa e basta.
Se ci rivolgiamo al cinema ora c’è un’offerta davvero vasta, siamo in presenza di produzioni spettacolari che piacciono ad un ampio e eterogeneo pubblico. Non tocco la questione dei contenuti perché molte idee sono già presenti da tanti anni nella narrativa, ma ora l’effetto scenico è determinante.

Considero l’
Eurocon a Stresa del 1980 l’evento più importante nella storia della SF nel nostro Paese. Diede una spinta molto positiva, in chiave anche internazionale, all’ambiente nostrano. Indimenticabile.

R. Club City da chi fu fondato?
M. La fase progettuale venne pianificata da tre persone: il sottoscritto, Patrizia Thiella e Sergio Giuffrida, quest’ultimo grande esperto di cinema e di fumetto, molto noto in Milano per le sue iniziative. 
Patrizia aprì una cartolibreria in Milano, con una sezione dedicata alla letteratura di SF. Questo luogo divenne il fondamentale punto di riferimento, di informazione e di incontri settimanali davvero vitale per l’erigendo club City.
Si creò un gruppo promotore con altri fondatori: Giampiero Magnaghi, Giorgio Ginelli, Fulvio Gandolfi e Icaro Farina. In seguito aumentò il numero dei promotori.

R. Quali erano le intenzione e le aspettative dei fondatori in merito alla nascita del gruppo?
M. Il nostro scopo era quello di creare aggregazione tra appassionati ed esperti di SF, in pratica un Circolo letterario che promuovesse informazione, riviste, conferenze, convegni, et alter. Fu un punto di riferimento non solo milanese ma anche nazionale e per alcune attività anche internazionale.

R. 
Ho visto il sito che ormai non è più aggiornato da tempo e purtroppo non si riesce a leggere sugli smartphone. Come mai è stato abbandonato il progetto? Soprattutto, come mai non sono entrate nuove leve?
M. Il sito era gestito dalla capacità eccelsa di Giorgio Ginelli che curava la parte visiva. Purtroppo Giorgio era oberato di impegni e non ha continuato, con mio grande dolore.
Umilmente, in piccola parte, rivolgendomi a soggetti che conoscevano il Circolo, ho iniziato a sviluppare una pagina  in Facebook (club City Circolo d’Immaginazione). Tratterò la storia del club cercando di approfondire analiticamente i cenni generali delle mie risposte alla tua intervista. Soprattutto citando nomi, cognomi, eventi, eventualmente foto.

Il club City chiuse alla fine degli anni Ottanta perché mancarono alcune basi solide, come la cartolibreria di Patrizia, la quale cambiò l’ambito professionale, inoltre la mia dipartita da Milano e altri fattori. Spontaneamente con il passare degli anni si entra a tempo pieno nelle relazioni familiari, lavorative, ci si trasferisce anche all’estero. Cito Gianni Cossar, autore di un meraviglioso commento sul film Blade Runner che pubblicammo come club City, lui ora è professionalmente un giramondo sul pianeta. E come non segnalare Claudio Battaglini che con la sua dilagante simpatia arricchisce la sua ricca cultura.
Le ex nuove leve hanno continuato con loro progetti ben superiori a ciò che si immaginava negli anni Ottanta. Penso a Silvio Sosio, Franco Forte, Luigi Pachì, menti brillanti, creative e seriamente impegnate, soggetti fondamentali nell’attuale mondo editoriale e culturale.

R. Ho trovato alcuni numeri di varie fanzine, sul sito. Eravate più interessati a questo tipo di supporto cartaceo anziché a romanzi e cinema?
M. Penso che quasi tutte le attività prodotte nel mondo del fandom dagli anni Sessanta in avanti scaturivano dalla passione intellettuale e… dalla perdita continua di denaro investito. Stampare fanzines periodiche, affittare sedi, sale per conferenze, sale convegni, etc presupponevano grande dispendio di energie e di soldi che venivano investiti a fondo perso dai promotori. Pubblicare romanzi (in versione libro) era al di là delle nostre risorse.
C’è una enorme differenza tra il prima e il dopo l’avvento dell’informatica: City presupponeva un lavoro di tante persone, pensiamo ai notiziari, occorreva fotocopiare, dividere per singola copia le pagine, affrancare la busta e portare alle Poste… ora basta un soggetto ben impegnato e si è saltato tutto il faticoso e costoso processo.

R. Esiste un archivio cartaceo del materiale caricato sul sito?
M. Sì, ed è quello che in parte ripresenterò sulla pagina di Facebook.

R. Ho notato un'ovvia presenza maschile nelle foto di allora. Però non ho visto donne, nemmeno una, perlomeno quando si tratta di Club City. Come mai? Non c'erano donne tra i partecipanti alle vostre riunioni?
M. Adesso ci sono molte più presenze femminili, certamente quaranta-trenta anni fa in Italia il numero era esiguo, sebbene di encomiabile qualità.
Cito Nicoletta Vallorani, Daniela Piegai, Anna Rinonapoli, Mariangela Cerrino, Gilda Musa, et alter
Un’Ala e i due convegni e le partecipazioni di Patrizia invitata a parlare dell’argomento in diverse occasioni interessarono molte donneOccorre ricordare che questa attività creò molta curiosità nel mondo giornalistico, radiofonico e televisivo e ‘Un’Ala’ era distribuita in diverse “Librerie delle donne” ed a conduzione femminile, sparse in Italia.

R. Perché si è deciso di coinvolgere in Club City le autrici protagoniste di quegli anni in Italia? Ogni signora ha apportato al primo numero di "Un'Ala" un punto di vista personale e questo dà modo di osservare il tema Fantascienza sotto prospettive diverse. Tutte si sono interrogate sulle motivazioni della scarsa presenza del femminile nella fantascienza e nel fantastico, sia dal punto di vista della quantità di narratrici, sia dal punto di vista della vera espressione della femminilità. Al termine della fanzine, la Tavola Rotonda finale è una vera chicca e si leggono tra le righe intenzioni, desideri, sogni a volte compressi e un desiderio di includere e di essere incluse che sarebbe stato interessante vedere nella comunicazione non verbale.Nella Tavola Rotonda esprimi l'esortazione a non accettare supinamente alcuni atteggiamenti imposti da un modello consolidato e abituale. Ti vorrei chiedere: cosa intendevi per "accettare supinamente". Trovi che le scrittrici odierne si siano affrancate da quell'atteggiamento o reputi che ci sia ancora strada da percorrere? 
M. Senz’altro la possibilità di manifestare la propria creatività, il lavoro intellettuale, l’impegno sociale è decisamente cresciuta  grazie all’impegno di tante donne e all’apertura mentale di maschi “illuminati”. Comunque ciò è avvenuto in tanti altri campi, anche in quello politico, rivendicativo sociale,  artistico, musicale e sportivo. Penso che donne come Margherita Hack o giovanissime come Greta Thumberg o l’ambiente LGBT siano l’esempio di un mondo in trasformazione in cui le rivendicazioni mostrano menti aperte, e la consapevolezza che l’affermarsi delle donne e le loro accuse all’ottusità e violenza del patriarcato siano decisive per il futuro, sebbene i maschi più retrivi vogliono limitare al peggio qualsiasi rivendicazione. I veri orchi sono loro, non quelli delle fiabe!Per ritornare al mondo fantascientifico la mia esperienza personale già negli anni Ottanta mi diede l’occasione di incontrare persone favolose come Nicoletta Vallorani, studiosa, creativa e umanamente encomiabile.Riprendo la tua citazione del mio intervento ad un Convegno Femminile di SF: troppi ruoli femminili erano stereotipati, forse perché gli editori volevano che la donna fosse sempre assoggettata all’uomo e questo favoriva la vendita di libri. Comunque autrici come Ursula Le Guin, e Johanna Russ, mostravano una mentalità più aperta. Ricordo quel significativo racconto di Alice Mary Sheldon, “Houston, Houston, ci sentite” in cui i maschi in una società futura sono diventati inutili e eliminabili. L’autrice per essere pubblicata usava uno pseudonimo maschile James Tiptree Jr…

R. Cosa ha significato e cosa ha apportato la presenza femminile di Un'Ala a Club City?
M. Ho sempre pensato che i soci del Club fossero ben consapevoli della tematica e delle iniziative di ‘Un’Ala’ e dimostrarono in varie occasioni grande disponibilità.

R. Come mai anche questa fanzine ha terminato la sua esistenza?
M. I cambiamenti lavorativi, nuovi interessi personali, trasferimenti e l’impossibilità di investire soldi nei progetti, in tempi diversi, fecero cessare le attività, ma alla fine degli anni Ottanta sparirono molte fanzines, ci fu proprio un declino nel nostro Paese.

R. Trovi attinenze tra le fanzine di allora e i moderni media? Quale ti sembra il più simile oppure non ve ne sono?
M. Ci sono troppe differenze derivate da periodi, linguaggi, aspettative diverse. Forse attualmente si può ripristinare lo slogan di McLuhan “Il medium è il messaggio” che può avvicinare le due esperienze. Comunque l’uso del tempo e delle immagini è profondamente diverso, inimmaginabile negli anni Ottanta.

R. Quali sono le opportunità offerte oggi nella condivisione di un progetto, una passione, un obiettivo che secondo te non vengono colte?
M. Questa tua domanda merita un approccio molto più intenso e non sono in grado di sintetizzare in modo accettabile. Ci sono pagine in Facebook che mi soddisfano e mostrano la volontà di un’impostazione organica e non sono afflitte da un bisogno di celebrare se stessi. Vorrei vedere più analisi sui testi letti e non solo la dicotomia “mi piace, non mi piace”, chi invia la propria opinione può essere davvero utile a chi legge per interessarsi alla lettura di libri.

R. Cosa invece rimpiangi, a vario titolo degli anni tra i '70 e i '90?
M. Innanzitutto i rapporti umani. Conobbi tante persone che mi diedero un’immagine positiva, penso a Gianfranco Viviani, a Luigi Naviglio, a Giuseppe Festino, a Mauro Gaffo, Lino Aldani, Miriam Poloniato, Anna Rinonapoli, Marzio Tosello (capo redattore di Urania ) e tanti altri. Tutti rapporti de visu.Rimpiango quell’interpretazione non conformista di intellettuali come Antonio Caronia e la sua fanzine Un’ambigua utopia; le visite mie e di Patrizia Thiella in giro per l’Italia per conoscere direttamente persone dell’ambiente. Le mie collaborazioni a riviste all’estero.
Rimpiango il Club City che produsse realmente tante attività aggregatrici, dalle partite di pallacanestro e calcio, ai tornei di scacchi, ai corsi di chitarra, alle visite di mostre e nei musei e cene con cinquanta-sessanta persone.
Rimpiango quella insostituibile emozione di leggere per la prima volta tanti capolavori della SF in un mercato davvero vasto, questo vale per la letteratura in genere, comunque.

Grazie mille Mario per la tua pazienza e la tua voglia di fare conoscere a tutti un pezzetto di Fantascienza Italiana e femminile, se non completamente perduto, di certo trasformato.

Chiudo questa intervista condividendo con voi un'immagine meravigliosa di un'ottima illustratrice: Mariangela Maiocco. Ho trovato quasi nulla relativamente a questa signora, ho solo compreso che ha illustrato la serie "Star Trek" e "Il giallo classico" della Garden Editoriale. 

Illustratrice Marilena Maiocco, terzo numero di Un'Ala

A presto.
Romina Braggion

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