Recensione: Margine d'incertezza
Perché il Ministero spedisce sull’isola artificiale di Fortunata, agro-cooperativa libertaria e aspirante micronazione nata nel periodo più buio dell’emergenza climatica, un inviato speciale come il T-consulente Ignas dotato di poteri extrasensoriali? Perché l’isola ha chiesto di non invadere il suo spazio aereo, e cosa sta succedendo nelle dinamiche tra i suoi abitanti originari, i consorti, e gli ultimi arrivati, i cugini, dirottati qui dalle basi lunari di Pandia e dalla Fascia degli asteroidi dove avevano scelto di emigrare? Dichiarati in esubero dalle compagnie private che sfruttano i satelliti, per rappresaglia contro le onerose direttive eso-ambientali approvate dalla Nuova Sostenibilità Responsabile che governa la civiltà umana, i cugini male si adattano a questa sistemazione di ripiego che delude le loro aspettative. Chiamato a comporre una trattativa di lavoro, Ignas si trova invischiato in un pre-conflitto civile che si fa improvvisamente pericoloso quando scopre che la sua antagonista diretta ha a sua volta poteri mentali fuori dall’ordinario. Per sistemare la questione e neutralizzare il pericolo sociale, Ignas dovrà ricostruire la dinamica di un incidente mortale avvenuto sulla Luna, e trovarsi faccia a faccia con gli ottimati che ancora detengono un potere quasi incontrastabile grazie all’entità della loro ricchezza.
“La
struttura profonda della realtà non è qualcosa di dato ma un processo
generativo di possibilità emergenti”.
La citazione a Fabrice Olivier Dubosc,
scritta nell’esergo di Margine d’incertezza, racconto di Silvia
Treves pubblicato nella collana Atlantis
curata da Franco Ricciardiello per Delos Digital, racchiude il senso profondo
dell’opera.
Nulla è come sembra nella società umana e
retaggi di un vecchio mondo continuano a voler dominare sugli altri con arcaici
meccanismi predatori. Nonostante l’evidenza dello scampato disastro, l’essere
umano persiste nei propri errori dimostrandosi un cancro per la vita globale e
per la propria specie. In questa mancanza di redenzione, Treves sembra coerente
con il suo sottile pessimismo, sebbene proponga un’alternativa.
Il grosso del conflitto sta qui, ed è il primo richiamo all’esergo, nelle volontà
contrapposte di entità determinate a dirigere il pianeta secondo i loro
desideri.
Per mio gusto personale, però, la parte più interessante si sviluppa nella
narrazione del protagonista, del suo dono e dei suoi rapporti familiari.
Il dono consiste in un’empatia ipersviluppata e attivabile all’occorrenza, diversa quindi da quella proposta da Octavia Butler in La parabola del seminatore,
allenata alla comprensione del mondo interiore degli esseri viventi senza essere sopraffatta dalla negatività delle emozioni. Ignas, tra
i suoi pari, è un campione di comunicazione, prende in carico il mondo del suo
interlocutore, lo mette in luce e lo valorizza. Sarebbe il perfetto esempio di
comunicazione riuscita secondo i criteri della scuola di Palo Alto.
Trovo qui il secondo richiamo all’esergo, la struttura intima della realtà personale
percepita potrebbe essere nascosta sotto una quantità tale di maschere da
essere irriconoscibile perfino per chi la genera. Talenti come T-Merlano la
svelano e la rendono palese e distinguibile.
Infine, riguardo al dono, ho notato l’uso della T e mi sono ricordata di avere
letto un articolo scientifico. I linfociti T (anche chiamate cellule T) sono
componenti vitali del sistema immunitario e proteggono dall’azione di molti
virus e patogeni, poiché sono in grado di neutralizzare agenti o cellule
individuate come nocive. Forse è casuale ma cosa c’è di più tossico dell’incomprensione?
Il dono T è stato immaginato come una cura per risolvere i problemi comunicativi dell’umanità,
trasversali a situazioni di genere, classe, etnia, età? Mi piacerebbe chiederlo
a Treves.
Il rapporto familiare del protagonista è definito da una parola emblematica,
non la cito perché è davvero importante scoprirla attraverso la narrazione
dello spaccato di vita intima messo in scena dall’autrice. Il binarismo fisico
si mantiene all’interno di canoni a noi noti ma la forza dell’unione familiare
è data da una fluidità emotiva e amorosa ricca di sfumature e potenzialità.
Ecco il terzo e ultimo richiamo all’esergo di cui parlo ma ve ne sono altri che
preferisco scopriate da soli.
Al termine del mese del pride, con il carico di simbolismi, discussioni e riflessioni
che ha prodotto, la lettura del miscuglio familiare di Ignas potrà essere particolarmente
apprezzata e potrebbe essere assunto come emblema d’amore liberato, consapevole
e pieno. Inutile dire che sono stata rapita da questo modello di famiglia.
Il worldbuilding del racconto è articolato, evocativo e
raffinato. In questo secondo testo solarpunk l’autrice ci porta in un mondo forse di
qualche secolo successivo a quello immaginato ne “La seconda chance”, racconto
contenuto nell’antologia Assalto al
sole e, magari, in qualche modo collegato. Lo percepiamo all’inizio,
quando il protagonista si trova davanti al Centro Consulenze XXXX XXXX (no spoiler ;D).
Per il resto, seppur nella trattazione del conflitto, anche più distruttivo del precedente, l’autrice dona, ai vari aspetti dell’ambientazione, pennellate di colore ariose e leggiadre. Attenzione, ho detto pennellate, non secchiate di vernice. Non troverete ottimismo sfrenato, fiori nei cannoni e “peace and love”. Treves è sempre sé stessa sebbene io abbia colto una nuova consapevolezza nei riguardi del solarpunk, maturata in mesi di discussioni, ragionamenti e valutazioni all’interno dello staff di Solarpunk Italia.
Treves, in Margine d’incertezza, sembra avere intenzionalmente messo da parte un po’ della sua iniziale diffidenza nei confronti del nuovo genere. Sarà davvero così? Ecco la seconda domanda che le porrò il prima possibile.
Consiglio la lettura.
A presto.
Romina Braggion
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