Recensione "Lidia Poët. Vita e battaglie della prima avvocata italiana, pioniera dell’emancipazione femminile"

Il 24 settembre ho partecipato alla tappa verbanese dell'Independent Book Tour, evento itinerante di presentazione di case editrici indie piemontesi attraverso la recensione di una rosa di opere scelte.
Il progetto è di Regione Piemonte, Salone Internazionale del Libro e Hangar del Libro, in collaborazione con Exlibris 20 e Fondazione Circolo dei lettori.



Lea Iandiorio, in seguito a una call di ricerca per individuare 28 lettor3 che avrebbero letto, recensito e presentato i libri durante le tappe del Tour, mi ha proposto la lettura di un'opera che mi ha entusiasmato e conoscere l'autrice, Cristina Ricci, e il nipote dell'avvocata è stato un grande piacere. 

Cristina Ricci, il moderatore, io in qualità di lettrice e blogger, il nipote di Lidia Poet, nonché editore Lar Edizioni


La recensione inviata alla redazione di Exlibris 20 è la seguente:

"Lidia Poët. Vita e battaglie della prima avvocata italiana, pioniera dell’emancipazione femminile, è un’opera di Cristina Ricci, pubblicata nel maggio 2022 da Graphot Editrice e Lar Editore, Torino.




10/03/1946 le donne possono eleggere ed essere elette attraverso il voto politico

01/12/1970 promulgazione legge sul divorzio

22/05/1978 promulgazione legge sulla maternità e aborto

05/08/1981 abrogazione del matrimonio riparatore

15/02/1996 la violenza carnale diventa reato contro la persona e non più contro la morale

L’avvocata, nacque a Traverse di Perrero, borgo montano in provicia di Torino, il 26 agosto del 1855, si laureò il 17 giugno 1881 e venne ammessa all’Albo degli Avvocati l’11 agosto del 1883. L’ammissione venne revocata alla fine dello stesso anno e non poté mai esercitare in quanto donna.
Riuscì a vedere gli effetti dei principi per cui si era tanto battuta, cioè l’uguaglianza sociale tra donne e uomini attraverso il suffragio universale sancito nel 1946.
Morì il 25 febbraio del 1949.

Chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che sarebbe servito un altro secolo circa per ottenere leggi che liberavano la donna dalle ingiustizie e dalla sopraffazione. Si può solo immaginare una reazione sdegnata ma composta, seguita da un’azione ferma ma serena. L’immaginazione è confermata dalla narrazione della sua attività propulsiva e pubblica verso l’emancipazione femminile ma della sua vita privata si conosce poco.

Così l’autrice ha fatto di necessità virtù e ha saputo unire in felice connubio una biografia e un saggio.

Cristina Ricci, l'autrice

Infatti l’avvocata, dal carattere riservato e timido, ha subito il torto dell’oblio, complice il regime fascista, la sottrazione della sua scrivania e la perdita di molti dei carteggi che la riguardavano pubblici e personali.

Ricci ha ricostruito con scrupolo, nell’arco di anni, le battaglie di Poët attraverso atti di congressi nazionali e internazionali a cui l’avvocata partecipò in qualità di vice presidente, presidente o incaricata; relazioni discusse nell’ambito di riunioni, consulte, eventi; articoli di giornale a lei dedicati; riconoscimenti pubblici nazionali e internazionali;  proposte giuridiche a favore delle donne e dei minori e suggerimenti in merito alla detenzione di minori, donne e uomini.

Nella prima pagina Ricci reputa che la frase più adatta all’avvocata sia di Malvina Frank, scrittrice veneta interessata alla questione femminile: “Chi smette di lottare prima di aver vinto, perde; chi nel moto generale si ferma, indietreggia”.
La premessa introduce pagine di storia degli albori delle lotte femminili per il raggiungimento dell’uguaglianza sociale.

L’importanza del testo risiede nella disamina dei passi fondamentali intrapresi per la conquista dell’attuale condizione sociale delle donne italiane. Non si può ideare e realizzare il proprio futuro se non si conosce l’attività infaticabile e risoluta di chi ci ha preceduto. Sebbene il libro, riferendosi a Poët, non possa essere definito femminista è indiscutibile il valore di impoteramento prodotto in chi lo leggerà in ottica costruttiva.

I diritti delle donne non sono mai acquisiti e stabili ma vengono continuamente ridiscussi, ridotti e depotenziati.
È necessario sapere da dove siamo partite e a quali condizioni erano sottoposte le donne cento, centocinquant’anni fa quando i tempi furono maturi per non accettare più l’oppressione e l’iniquità sociali, civili, culturali ed economiche. La conoscenza della nostra storia permette di svelare i pericoli che si celano dietro il compromesso, l’inerzia e l’incuria attuali.

A tal proposito reputo emblematici, e assolutamente pertinenti all’attuale tentativo di proporre un lessico inclusivo (chi include chi?) ed egualitario, alcuni passaggi di pagina 42, 53 e 54 relativi ai pretesti che vennero presentati a sostegno dell’esclusione di Poët dall’Albo degli Avvocati.

Pagina 42: “All’assoluta uguaglianza giuridica e politica della donna in confronto dell’uomo si oppone l’eterna e divina legge dei contrasti che regola il mondo e che costituisce uno dei principali fattori dell’umano progresso”.

Pagina 53: “La Corte di Cassazione (di Torino. N.d.R.) sminuisce anche la difesa (relativa al ricorso presentato da Poët. N.d.R) negando l’applicazione dell’articolo 24 dello Statuto Albertino. La tesi sostenuta è che benché il patto costituzionale garantisca l’eguaglianza, questa non può essere intesa come superamento delle disparità esistenti per lo stato di natura.

Il ricorso presentato da Poët, gentile e gradito omaggio di Cristina Ricci


Avviandosi alla conclusione del dibattimento, leggiamo il passaggio cardine di pagina 54: “ Viene confutata anche la tesi secondo cui la legge del 1874 avrebbe dato, alla giovane, diritto all’iscrizione all’Albo. - Si deve ritenere che le donne non siano contemplate (nell’articolo 24 dello Statuto. N.d. R.). E di vero non è poi un argomento tanto lieve quello di trovarvisi sempre adoperato il genere mascolino avvocato e mai la parola avvocata (in corsivo nel testo. N.d.R.). Sicuramente è a credersi che se il legislatore avesse avuto cotale straordinario intendimento avrebbe inserito nelle disposizioni generali una chiara ed espressa dichiarazione (del genere femminile. N.d.R.)”.

Ecco svelato tutto il potenziale vessatorio e ingiusto del maschile universale: in qualunque momento e in qualunque luogo, qualcuno potrebbe ridiscutere i diritti di tutt3 gli altr3 in nome di una mancata specifica legislativa.
Capita di continuo di arrivare al punto di non ritorno nella negazione dei diritti. I meccanismi attraverso cui viene esercitato il potere sono comprensibili anche se è faticoso, a volte pericoloso, opporvisi.
Si parte sempre da un inezia sulla quale si può sorvolare perché “cosa vuoi che sia, sono ben altri i problemi” e si finisce per vivere in un totalitarismo.
La storia non ci ha forse insegnato abbastanza?

Consiglio la lettura e, soprattutto, lo studio del testo."

-Ho scritto l'ultimo capoverso pensando a Vera Gheno, linguista, attivista, femminista e molto altro che, insieme a altr3 si sta spendendo per immaginare un lessico che possa rappresentare tutta la popolazione.- 

Durante la presentazione ho arricchito le mie impressioni in merito all'opera seguendo questa traccia:

"L’opera ha un punto di forza notevole dato dalle modalità con cui si può leggere, cioè come romanzo d’intrattenimento, come biografia o come saggio.

Comincio col dire che si può leggere come una storia di intrattenimento ossia un romanzo.

Cos’è una storia? È molto semplice: Qualcuno vuole qualcosa. Ce la fa o non ce la fa.

Quindi leggiamo la storia vera dell’avvocata:  

Nacque a Traverse di Perrero, borgo montano in provicia di Torino, il 26 agosto del 1855.
Si laureò il 17 giugno 1881 e venne ammessa all’Albo degli Avvocati l’11 agosto del 1883. L’ammissione venne revocata alla fine dello stesso anno e non poté mai esercitare l’avvocatura in quanto donna.
Riuscì a vedere gli effetti dei principi per cui si era tanto battuta, cioè l’uguaglianza sociale tra donne e uomini attraverso il suffragio universale sancito nel 1946.
Morì il 25 febbraio del 1949.

Qual è il finale di questa storia? Ogni persona lo riscriverà per conto proprio.
Qualcuno potrà leggere un finale tragico per la protagonista, qualcun altro un finale aperto, qualcun altro un lieto fine. Infatti la prima modalità consente chiavi di lettura diametralmente opposte e la narrazione è appassionante, come si conviene a ogni buon romanzo.

Si può leggere in modalità biografia di una protagonista della storia italiana che ha solcato la fine di un secolo, ha vissuto due guerre mondiali e ha seminato, insieme ad altre, il campo della giustizia sociale impegnandosi e spendendosi nella legislazione penitenziaria, nella questione femminile, nel suffragio universale, nell’attività con la Croce Rossa Italiana, nel sostegno ai profughi di guerra.
Lidia Po
ët è stata una donna riservata e modesta e ha subito il torto dell’oblio complici il regime fascista, la sottrazione della sua scrivania e la perdita di molti dei carteggi che la riguardavano, nella vita pubblica e privata.

L’autrice con un lavoro scrupoloso e minuzioso, svolto su una vasta bibliografia, è riuscita a  ricostruire e a restituirci moltissima dell’attività dell’avvocata mediante gli atti della partecipazione a congressi nazionali e internazionali; mediante relazioni da lei discusse; mediante proposte giuridiche a favore delle donne e dei minori e suggerimenti in merito alla detenzione di minori, donne e uomini; mediante riconoscimenti nazionali e internazionali in onore e merito della sua attività di dottoressa in legge.
Lo stesso libro scritto da Ricci è un atto celebrativo della prima avvocata italiana, a salvaguardia della sua memoria.

Infine si può leggere come saggio relativo alla fase storica di strutturazione della futura Repubblica Italiana, cioè quella legata ai diritti degli appartenenti alle fasce più deboli della società.
È indispensabile conoscere il passato, per vivere consapevoli nel presente e tentare di immaginare e realizzare un futuro migliore.
Nello specifico del libro, l’esistenza di Lidia Po
ët può essere un esempio incoraggiante e sempre valido di impoteramento femminile, sebbene sia da riconoscere l’evidente privilegio della facoltosa condizione sociale di appartenenza dell’avvocata.
Inoltre ribadisce l’importanza dell’impegno civile come strumento per costruire una società più equa."

Lea Iandiorio ha specificato di aver ricevuto circa 220 richieste di partecipazione, arrivate in seguito alla call per l'organizzazione dell'Independent Book Tour. Sono davvero lieta che mi abbia scelto poiché è stata un'esperienza emozionante.

Naturalmente, mi sembra quasi scontato ma meglio ribadire, leggete l'opera di Ricci: è notevole.

P.S.: sapete che su Netflix partirà a breve la serie di sei puntate dedicata all'Avvocata? Sì, davvero davvero! Cercatela :D

A presto

Romina Braggion

 

 

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